lunedì 4 giugno 2012

On 4.6.12 by FAI Foggia in    1 comment
È nata su Facebook la candidatura a luogo del cuore della chiesa di San Nicola di San Paolo di Civitate (e sull’omonima pagina del social network ci sono tutte le informazioni sulla chiesa e sul comitato promotore fondato da Vincenzo Enrico Zampino e Giuseppe Candela). Costruita agli inizi del Seicento, la chiesa fu distrutta da un terremoto nel 1627, ricostruita e restaurata più volte. Nel 1999 la chiesa fu dichiarata inagibile e chiusa, anche se il colpo di grazia le venne inferto dal terremoto del 2002. Da allora la chiesa è puntellata e soggetta a infiltrazioni.

Note storiche e sullo stato attuale della fabbrica
Fondata agli inizi del Seicento nel nucleo più antico del centro storico di San Paolo di Civitate, una piccola cittadina dell’Alto Tavoliere, la chiesa  dedicata a San Nicola Vescovo fu il primo edificio di culto costruito
all’interno delle mura del Casale, memore forse, del sacello intitolato al medesimo Santo protettore dei Greci e degli Albanesi, che si trovava nell’antica Civitate, all’epoca già disabitata. A seguito del terribile terremoto del 1627 la chiesa fu quasi rasa al suolo. Restaurata nel corso del Seicento, divenne sede stabile della Confraternita del Rosario nel 1780. Con l’aumento della popolazione e dei confratelli si avvertì la necessità di ampliare il corpo di fabbrica che, per voto di guarigione del priore Michele Magnati, fu interamente ricostruito nelle fattezze attuali tra il 1801 e il 1804, più imponente del sacello originario e dotato di un corpo per il presbiterio ed il coro.  L’impianto ad aula unica di forma ellittica con  volta a catino, gli stucchi ornamentali interni e la facciata a doppio ordine con sovrastante timpano dotato di coronamento curvilineo risentono ancora degli ultimi echi del tardo-barocco pugliese.  Qualche anno dopo fu costruito anche il campanile a cinque ordini sovrapposti con guglia di reminiscenza orientale rivestita con formelle campane di maiolica smaltata.   In origine sia la facciata che il campanile erano intonacati e tinteggiati.  Del grande restauro del 1934-35, sempre ad opera della Confraternita del Rosario sotto il priorato di Vincenzo La Porta, restano le coperture e i colori con i decori interni del maestro locale Vittorio Rotelli, che ancora oggi possiamo ammirare nonostante lo stato pietoso in cui versa l’edificio dal Terremoto del Molise del 2002. Infatti, dopo i danni provocati da un fulmine nel giugno 1989 che ha lacerato la guglia del campanile, ed i micro-fenomeni tellurici susseguitisi negli anni successivi, che nel 1999 hanno imposto la chiusura della chiesa per inagibilità, il terremoto del 2002 ha provocato il formarsi di un complesso quadro fessurativo che interessa tutte le strutture dell’edificio (volte, archi, murature perimetrali, facciata). Da allora la chiesa è interamente puntellata all’interno e nei vani di porte e finestre, nonché interessata dall’istallazione di tiranti trasversali provvisori in acciaio applicati alle pareti laterali per limitare fenomeni di ribaltamento in caso di sisma. Sono presenti, inoltre, parti crollate delle coperture che costituiscono fenomeni tuttora in evoluzione e che generano infiltrazioni diffuse di acque meteoriche sugli estradossi delle volte e nello spessore delle murature perimetrali. I suddetti danni stanno provocando il graduale deterioramento delle strutture con il rischio di perdita di un patrimonio architettonico notevole che ha segnato la storia locale della cittadina e con effetti da valutare ancora attentamente, anche attraverso indagini strumentali sulle strutture, riguardo allo stato di sicurezza della fabbrica.

1 commento:

  1. Considerando lo stato in cui sono ridotti i nostri paesi, viene da pensare che la “notte” finirà per inghiottirli......
    Io invece voglio sperare che l’alba arriverà, e nostre terre potranno e dovranno essere in futuro l’alternativa “forzata” ai problemi immani delle nostre megalopoli.
    Bisognerebbe intervenire, avendo coscienza che è importante il consolidamento strutturale del patrimonio edilizio e la conservazione storica e culturale dello stesso, questi interventi devono essere mirati alla riqualificazione abitativa dei centri antichi,bisogna ricreare l’habitat originario. Ricreare l’habitat originario dei nostri piccoli paesi, per ricreare l’ambiente a dimensione umana, vissuto dai nostri padri....
    Dobbiamo avere il coraggio di scommettere sul passato per sperare in un futuro migliore giacchè lo sviluppo di un territorio passa anche attraverso il recupero del suo patrimonio artistico e culturale.
    ELLA GRIMALDI.

    RispondiElimina